RIEDUCARE AL GUSTO E ALLA CONSAPEVOLEZZA DEL CIBO CHE ENTRA A FAR PARTE DI NOI E’ UN PROCESSO FONDAMENTALE AFFINCHÉ’ SI MANGI IN MODO CORRETTO, NELLE GIUSTE DOSI E IN BASE AI BISOGNI DEL CORPO MOLTO SPESSO IGNORATO NELLE SUE RICHIESTE.

Entro nel Ristorante “Le Giare”.

Un sorriso mi accoglie e mi fa accomodare in una sala ampia, molto soleggiata con vetrata con vista su un bel giardino. La vista si appaga ed inizia ad immaginare come questo viaggio proseguirà. Un profumo di pane cotto impastato con lievito madre aleggia nell’aria e mi fa sentire serenamente a casa, ricordandomi quando gioco con i miei figli a fare la cuoca o la pasticciera.

Guardo e osservo intorno a me: tutto è semplice ed elegante, la tavola è prettamente bianca, con una tovaglia di cotone e un grande tovagliolo piegato a triangolo così come si fa a casa; questo si contrasta con le calde pareti di legno adornate da rare piante essiccate, come la lemon grass, l’asparagina, la ferula, il cardo e altri ancora.

Sul tavolo bianco un libro rosso attira la mia attenzione: “Le leggi fondamentali della stupidità umana” di Carlo M. Cipolla. Lo sfoglio incuriosita dal suo contenuto mentre attendo che mi raggiunga Antonio. Eccolo che arriva e con pochi sguardi e parole “l’anarchia dello chef” prende inizio.

Un curioso aperitivo mi accoglie con sfoglie di barbabietola rossa e carote fritte a mo’ di patatine. Come le ciliegie che stuzzicano il palato al punto da desiderarne altre così queste sfoglie colorate iniziano ad ornare la tavola e colmare l’appetito.

Il “Benvenuto” ricevuto con i grissini preparati da Valentina Visaggi aromatizzati al tè verde, tarallini con patate e rosmarino e verdurine fermentate da noi, nuvola di riso rosso germinato con sarda affumicata e salsa caesar. Un antipasto stuzzicante che avvia il viaggio.

E poi tutto all’improvviso si ferma con il piatto “Amuse bouche”: Scorzonera cotta sotto la brace, gelatina di limone fermentato, olio aromatizzato alle malerbe e polvere di noccioli di olive nolche.

La commozione creata dal gusto della cenere che ricopre la radice dolce sottostante crea lacrime emozionanti. La gelatina di limone accostata e la fogliolina acidula, assieme alla radice ridona l’energia a continuare il viaggio gustativo.

“Radici? Le mie radici sono su di me!” Questo piatto è di un’estrema curiosità! Il colore giallo è quello che predomina ma le forme allungate dalle diverse sfaccettature donano al piatto volume e forma. Il tocco di colore del fiore di Nasturzio rende elegante un piatto di Terra.

Sapientemente Lucia con pinzette e maestria spiega tutte le radici utilizzate dallo chef, la loro provenienza e struttura.

Un nuovo sapore ora entra a far parte di me dandomi un forte senso di appartenenza. Al palato sono morbide e dolci.

D’un tratto le cose si fanno serie con la grinta regalata da “Lo spaghettoro Verrigni con crema di cicoria, curcuma, bottarga e calamaretti spillo”. Sapore intenso e accentuato dalla cicoria che con il suo verde esalta il gusto del calamaretto.

E proseguiamo con la “Lingua glassata, melanzana rotonda, mostarda di mela cotogna clorofilla di germe di grano”.

Un curioso accostamento di colori caldi e geometrie simpatiche di vario genere.

Parto un po’ prevenuta nei confronti di questo piatto perché le mie esperienze precedenti con la lingua cotta sono state negative, ma nonostante questo decido di approcciarmi con apertura verso questa portata.

Afferro il coltello e con l’aiuto della forchetta inizio ad affondare con la lama il rettangolino di lingua e subito mi rendo conto che è tenera e già ne immagino la sua consistenza in bocca.

Il suo aroma è delicatamente intenso e grintoso al punto giusto ed il gusto non ha eguali.

L’accostamento con la mostarda di mela cotogna è sensorialmente appagante e lo stuzzicante sapore della melanzana rotonda ne fa desiderare ancora.

La sensazione eccitante che crea questo piatto per me è forte ed paragonabile ad un incontro intimo, dolce, grintoso e passionale tra due amanti.

Il tutto si chiude dolcemente con il “Riccio di mare”: un cremoso all’acqua di mandorla di Toritto “Filippo Cea” con gelatina di melagrana e gelatina di sake junmai daiginjo invecchiato 5 anni.

Un dolce curioso e simpatico dove i sapori si contrastano l’un l’altro piacevolmente; il dolce, l’amaro delle mandorle e l’aspretto della gelatina della melagrana dà i brividi sulla pelle, ma ciò che rimane è l’impalpabile freschezza sulla lingua.


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