Guglielmo Marchesi dice: “La cucina di per sé è scienza: sta al cuoco farla diventare un’arte”
Negli ultimi anni stiamo assistendo ad un ondata in cui il cibo, il saper cucinare, il gusto o avere il palato raffinato per poter riconoscere le buone pietanze e la qualità degli ingredienti, sono in primo piano.
In Tv ritroviamo diversi canali che dedicano intere trasmissioni alla cucina, reality show …con o senza Vip… in cui si cucina di tutto, dalla grande pasticceria a piatti superlativi che vengono scelti e giudicati da rinomati chef.
Perché oggi c’è tutta questa attenzione al cibo? Il cibo buono e meno buono, Ogm, Biologico… cibo e solo cibo.
Ma quanto gustiamo davvero questo cibo?
Poco direi!
Nella società Occidentale in cui vive l’abbondanza e lo scorrere veloce del tempo, la degustazione del cibo è sempre più in secondo piano.
Abbiamo sempre tempi ristretti per mangiare, mangiamo al “volo”, in auto, ingurgitiamo alimenti, a volte solo perché è l’ora di pranzo o di cena e non perché lo stomaco brontoli per la fame.
Quante volte vi soffermate a sentire l’aroma della pietanza che avete di fronte prima di avvicinarla alle labbra? La osservate?
La natura ci ha fornito papille gustative e sensori dell’olfatto che sono in grado già dal primo approccio di farci riconoscere ciò che è buono o cattivo, gustoso o disgustoso.
In questo modo l’evoluzione ci ha portati a preferire il dolce, tipico di alimenti ad alto potere energetico e nutritivo, all’amaro, tipico di molte sostanze tossiche.
Pavlov ci insegna addirittura che si inizia a “mangiare con gli occhi”, dalla sola osservazione o suono associato ad un piatto inizia il processo della salivazione, ossia la cosidetta “acquolina in bocca”. Secondo gli studiosi, la capacità di riconoscere istintivamente gli alimenti commestibili, e addirittura quelli curativi, risale alla preistoria ed è stata trasmessa fino ad oggi dalla tradizione.
L’uomo sarebbe dotato di una memoria genetica che capisce, senza preventiva informazione, cosa gli fa bene e cosa gli fa male, tanto che i bambini in alcune regioni dell’Africa mangiano fango e terra quando hanno carenza di sostanze minerali. In passato i sensi erano però molto più sviluppati…. Oggi l’assuefazione alla società ci rende meno capaci di distinguere le sfumature del gusto… Perché?
Stiamo assistendo ad un costante appiattimento dei sapori. Due prodotti industriali apparentemente differenti in forme e colori spesso hanno identico sapore.
Questo è un fenomeno facilmente riscontrabile nei prodotti dolciari o nei filetti di pesce panati. La diminuzione della capacità percettiva del sapore e dell’odore ci fa preferire tutto ciò che è artificiale e a volte più dannoso.
Rieducare i sensi ai sapori e odori è un processo che richiede i suoi tempi ma ridona all’essere umano una grande libertà, la libertà di scegliere un cibo buono per sé e non solo nel sapore ma anche come risposta digestiva dall’organismo e non per ultimo ci dà la capacità di mangiare meno, rispetto a quanto in realtà ne ha bisogno.
Quando ci sediamo a tavola proviamo a porre attenzione al piatto che abbiamo davanti; già dal primo sguardo, anche senza sentirne l’odore, sapremo se ci piacerà o meno.
L’aroma successivamente ci confermerà l’ipotesi e il processo continuerà fino all’assaggio, sentendone sapore, morbidezza, fragranza e croccantezza.
Proprio in merito a quest’ultimo aspetto l’industria ha fatto anche attenzione al suono che il cibo crea in bocca al “primo morso”. Vi è uno studio infatti pubblicato su Focus Extra n. 20 ottobre 2004, in cui viene evidenziata l’importanza del “cronch” in un cibo: più è croccante e più piace.
Nasce così presso una famosa azienda di prodotti alimentari di Losanna (Svizzera) il “crostimetro” che valuta il suono degli alimenti croccanti.
Ed ecco come ancora l’industria ci illude con le sue strategie tecnologiche.
Com’è possibile sottrarsi alla logica dell’illusione sensoriale con cui l’industria ci seduce?
La nuova tendenza è il recupero dei cibi delle tradizioni gastronomiche locali, di piatti legati al territorio e alla stagionalità, frutto di una agricoltura sostenibile.
E’ importante sostenere l’economia locale e non temete nel chiedere ai venditori la provenienza del prodotto: è nel vostro diritto sapere cosa entrerà a far parte del vostro corpo.
Feuderbach dice” Siamo quello che mangiamo” e se ci nutriremo di cose buone, il corpo non potrà che rispondere positivamente se ci ciberemo di spazzatura non saremo che spazzatura, saturi di tossine difficili da smaltire.
Ritornando a Marchesi, e al suo concetto di cuoco-artista, sappiate che arte non significa elaboratezza ma significa conoscere in profondità l’alimento e saperlo accostare esaltandone il sapore nella sua semplicità… il vero cuoco è colui che fa della cucina la sua arte.
LA FINESTRA DEI SAPORI
Il gusto nasce già da quando siamo nel grembo della mamma e si intensifica durante il periodo dell’allattamento. Ad oggi l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di allattare al seno i neonati per almeno sei mesi.
Le mamme però sanno che i pediatri danno una serie di raccomandazioni sugli alimenti da assumere durante l’allattamento.
Oggi recenti studi dimostrano che nei primi mesi nel bambino si crea quella che è stata definita “la finestra dei sapori”, in cui il neonato attraverso il cibo assunto dalla mamma, memorizza il sapore; maggiore sarà la varietà di sapori contenuti nel latte materno maggiore sarà la facilità con cui il neonato si approccerà al cibo sottopostogli in forma solida successivamente.
Per te che hai letto l’articolo
Spero che l’articolo che ho scritto ti abbia dato delle informazioni utili.
Mi farebbe molto piacere ricevere un tuo commento. Mi aiuta nel proseguire il mio lavoro di diffusione di nuovi modi per stare bene e vivere serenamente.
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